lunedì 22 febbraio 2010

ARCHIVIO 7 - LONGARONE 2003, QUARANTENNALE DEL VAJONT CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Foto 9 ottobre 2003: arrivo del Presidente della Repubblica a Longarone

Quarantennale a Longarone con il Presidente Carlo Azeglio Ciampi

VAJONT, IL NOSTRO PUNTO ZERO

La visita del presidente Carlo Azeglio Ciampi, nell’omaggio alle vittime a quarant’anni dal disastro, ha definito il Vajont come punto zero per qualsiasi concetto di produzione energetica.
Si parte da qui, da questa tragedia, quando si tracciano le linee di un’etica legata allo sviluppo e alla realizzazione economica.

Mai più così. L’errore umano è aggravato dall’aver posto il profitto in primo piano, davanti agli interessi della popolazione e alla vita. Questo giudizio, ripetuto dal Presidente della Repubblica nelle cerimonie, per nulla retoriche, svoltesi nel corso della sua visita del 9 ottobre 2003, vede i percorsi della memoria elevati ad esempio e monumento nazionale. Così è per il cimitero di Fortogna, che sta trovando una definitiva sistemazione architettonica. Così è per la diga, dove la passerella e i pannelli esplicativi sono strumenti che comunicano e trasmettono il senso reale, ed indimenticabile, del Vajont. La visita alla diga diventa anche necessità scolastica, di apprendimento: vedere, dal suo centro, l’abitato di Longarone subito lì sotto, imprime nella mente le pericolosità da evitare.

Mentre Enel annuncia un incremento 2003 del proprio fatturato, superiore al 20%, suona superficiale sfruttare il disagio proveniente da un black out avvenuto domenica 18 settembre, che ha coinvolto l'intero territorio nazionale, per stimolare bisogni energetici.
La linea etica scritta dal Vajont impone attenzioni e professionalità elevate all’ennesima potenza, soprattutto nella costruzione di nuove centrali. (L.T.)

L'abitato di Longarone dalla diga del Vajont



Foto Lele Taborgna: momenti della visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi  in occasione del quarantennale del Vajont, Longarone 9 ottobre 2003; la diga ed il nuovo percorso che la rende transitabile.


Palazzo del Municipio, Longarone, 9 ottobre 2003

giovedì 4 febbraio 2010

ARCHIVIO 6 - ZOPPÈ DI CADORE

Sotto il Pelmo, a 1460 metri di altitudine, raggiungibile dalla Val di Zoldo, c’è un po’ di Cadore con comunità ladina


UNA ZOPPÈ DA AMARE


Tra le case di Bragarezza, frazione di Forno di Zoldo, la strada in alcuni punti si fa talmente stretta che sembra impossibile sia quella giusta, che va a Zoppè di Cadore. Si sale con il dubbio, tornante dopo tornante, curva dopo curva. Infine ecco, il Pelmo e le case, i tabià in legno, il campanile e la chiesa. Due passi, e tra la neve un cartello indica “casa Masi Simonetti”. Poi, un altro ancora. Dunque si arriva in un grande cortile dove una lapide sulla casa in fondo ricorda “Qui nacque Masi Simonetti pittore, Zoppè 1903-Parigi 1969”. Mentre si guardano pale e badili vicino alla porta, che hanno aperto sentieri tra la neve, ecco, ancora, a qualche metro, un altro cartello “casa Masi Simonetti”. Lo si segue e, con scala di legno e neve non spalata né calpestata, si scopre la stanza dove il pittore viveva e lavorava.


A SPASSO CON MARCO E RAUL

Giovedì di novembre, primo pomeriggio. L’osservazione di Zoppè di Cadore si svolge senza incontrare anima viva. Ogni tanto, tra vicoli e cortili, una sbirciatina alle finestre serve per vedere se c’è qualcuno, qua. Ormai sulla via del ritorno, un rumore. Si apre una porta ed esce una carrozzina portata da un uomo. “Che ne dice se camminiamo insieme?”. La domanda, inusuale, viene accolta. Si chiama Marco, ha trent’anni, e nella carrozzina c’è Raul, tredici mesi. “E’ la passeggiata per dormire, si addormenta andando a spasso”, dice il papà. Si cammina per la parte alta di Zoppè verso i sentieri che portano al Pelmo e, dal Rifugio Talamini, a Vodo di Cadore. Marco è gelataio in Germania, vicino Dortmund; suo padre ha avviato là il lavoro nel 1957; racconta che la Germania, paese industriale, risente della crisi globale e, senza allarmismi sul presente, però ci sono stati anni d’oro in passato. Si continua a lavorare bene e, per i vecchi, queste fasi ci sono sempre state nel corso dei decenni. Raul, in carrozzina, è ad occhi spalancati e non intende dormire. Si va, ci si ferma, si parla. “Facciamo otto mesi tirati, c’è poco tempo per la famiglia e altre cose”, continua Marco “per metà febbraio si torna. A Zoppè non c’è niente ma quel che serve è la montagna, che dà più qualità alla vita. Masi Simonetti è il più illustre dei nostri concittadini. Conosceva tutti, veniva a salutare anche mio nonno perché erano coscritti, della stessa classe. Mi sono sempre chiesto cosa pensa la gente di Zoppè. Tante volte arriva qualcuno perché sbaglia strada. E vedo che piace. Qualcuno ha anche preso casa”. 

La montagna si sta mangiando il sole, case e natura cominciano ad ombreggiarsi. Dopo le quattro farà scuro. Tornando, nasce un sentimento. Zoppè è tutta da amare.