giovedì 4 febbraio 2010

ARCHIVIO 6 - ZOPPÈ DI CADORE

Sotto il Pelmo, a 1460 metri di altitudine, raggiungibile dalla Val di Zoldo, c’è un po’ di Cadore con comunità ladina


UNA ZOPPÈ DA AMARE


Tra le case di Bragarezza, frazione di Forno di Zoldo, la strada in alcuni punti si fa talmente stretta che sembra impossibile sia quella giusta, che va a Zoppè di Cadore. Si sale con il dubbio, tornante dopo tornante, curva dopo curva. Infine ecco, il Pelmo e le case, i tabià in legno, il campanile e la chiesa. Due passi, e tra la neve un cartello indica “casa Masi Simonetti”. Poi, un altro ancora. Dunque si arriva in un grande cortile dove una lapide sulla casa in fondo ricorda “Qui nacque Masi Simonetti pittore, Zoppè 1903-Parigi 1969”. Mentre si guardano pale e badili vicino alla porta, che hanno aperto sentieri tra la neve, ecco, ancora, a qualche metro, un altro cartello “casa Masi Simonetti”. Lo si segue e, con scala di legno e neve non spalata né calpestata, si scopre la stanza dove il pittore viveva e lavorava.


A SPASSO CON MARCO E RAUL

Giovedì di novembre, primo pomeriggio. L’osservazione di Zoppè di Cadore si svolge senza incontrare anima viva. Ogni tanto, tra vicoli e cortili, una sbirciatina alle finestre serve per vedere se c’è qualcuno, qua. Ormai sulla via del ritorno, un rumore. Si apre una porta ed esce una carrozzina portata da un uomo. “Che ne dice se camminiamo insieme?”. La domanda, inusuale, viene accolta. Si chiama Marco, ha trent’anni, e nella carrozzina c’è Raul, tredici mesi. “E’ la passeggiata per dormire, si addormenta andando a spasso”, dice il papà. Si cammina per la parte alta di Zoppè verso i sentieri che portano al Pelmo e, dal Rifugio Talamini, a Vodo di Cadore. Marco è gelataio in Germania, vicino Dortmund; suo padre ha avviato là il lavoro nel 1957; racconta che la Germania, paese industriale, risente della crisi globale e, senza allarmismi sul presente, però ci sono stati anni d’oro in passato. Si continua a lavorare bene e, per i vecchi, queste fasi ci sono sempre state nel corso dei decenni. Raul, in carrozzina, è ad occhi spalancati e non intende dormire. Si va, ci si ferma, si parla. “Facciamo otto mesi tirati, c’è poco tempo per la famiglia e altre cose”, continua Marco “per metà febbraio si torna. A Zoppè non c’è niente ma quel che serve è la montagna, che dà più qualità alla vita. Masi Simonetti è il più illustre dei nostri concittadini. Conosceva tutti, veniva a salutare anche mio nonno perché erano coscritti, della stessa classe. Mi sono sempre chiesto cosa pensa la gente di Zoppè. Tante volte arriva qualcuno perché sbaglia strada. E vedo che piace. Qualcuno ha anche preso casa”. 

La montagna si sta mangiando il sole, case e natura cominciano ad ombreggiarsi. Dopo le quattro farà scuro. Tornando, nasce un sentimento. Zoppè è tutta da amare.

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